Parere di L. Clerici

…L’impressione complessiva è sempre quella di un attacco emotivo, di una scossa improvvisa… Il risultato di una lotta condotta altrove…

Cristina Gandini nasce artista, e come tutti gli artisti non sa vedere l’arte come produzione, tanto meno come paradigma.

Volti, mani, occhi che ammiccano con spirito sagace, forme tonde e abbondanti oppure contorte su se stesse in una sorta di nudità.

Questa è arte di una calligrafa dei sogni, che traccia visioni, che crea impressioni, comunque, con ogni mezzo, sulla tela, nell’argilla, in astratte campiture tormentate o intrecci di dettagli umani dove simboli o parole in caratteri di stampa sembrano essere abbandonati come per caso.

Cristina Gandini si muove dalla scultura alle arti grafiche e viceversa, su un terreno disinvoltamente multi-disciplinare, negandosi alle definizioni, pittrice, scultrice o designer, di fatto negandosi anche ad ogni rischio di accademismo, e lo fa ogni volta con un senso di inevitabilità che individua e nobilita il suo sforzo di esplorazione, di ricerca compulsiva.

Questa giovane artista parla contemporaneamente più linguaggi, si sposta da una tecnica ad un’altra, dal rapporto con la materia al colore: come antidoto per l’entropìa degli istinti, come alla ricerca di spazio vitale, quasi a volersi dissetare.

L’impressione complessiva è sempre quella di un attacco emotivo, di una scossa improvvisa.  L’arte di Cristina Gandini, in definitiva, appare sempre come il risultato di una lotta condotta altrove, su altri campi di battaglia , tanto più perfetto allora in quanto conseguito con una certa innocenza, puro da ogni voler-fare, o peggio voler-definire.

 

Cristina was born an artist, and as such she can’t see art as production, worse still as a paradigm.
Faces, hands, eyes that entice with witty spirit, round and generous shapes or twisted inward as if naked.
This is the art of a dream calligrapher who draws visions, who creates impressions, anyway, with any instrument, on painting, with clay, in abstract and tormented patterns or webs of human details where symbols or fonts look like having been abandoned at random. 
Cristina Gandini moves from sculpture to graphic arts and vice versa, at ease on a multi-disciplinary background, denying any strict definition, painter, sculptor or designer, as a matter of fact denying also any risk of academicism, and she always does it with a sense of inevitability which identifies and ennobles her exploratory struggle, of compulsive discovery. 
This young artist speaks many languages simultaneously, switches across several techniques, from the relationship with matter to colour: as an antidote to the entropy of emotions , as if looking for vital space, almost to quench her thirst. 
The overall impression is always that of an emotional attack, of a sudden jolt.
Cristina’s art, in conclusion, gives always the impression of being the result a fight waged elsewhere, on other battlefields, even more flawless then in that being achieved with a sort of innocence, free from any will-to-do, or worse still will-to-define. 

L.Clerici